Black Hat SEO, cos’è, quali rischi comporta: gli esempi pratici e i consigli per non essere penalizzati da Google

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Per capire come ottenere i migliori risultati dal tuo sito web, massimizzando le visualizzazioni, le visite e incentivando gli utenti a tornare a rileggere le tue pagine, è fondamentale non soltanto conoscere le buone pratiche Google, ma anche le azioni che è preferibile non compiere per non screditarsi agli occhi del più noto e utilizzato motore di ricerca al mondo.

Se infatti da un lato abbiamo l’ottimizzazione SEO – con le sue strategie, tecniche e tattiche ad hoc – dall’altro abbiamo le penalizzazioni Google e, in particolare, ciò che in gergo prende il nome di Black Hat SEO. Ricorda, infatti, che il mondo della SEO è fatto di acronimi e anche di caratteristiche espressioni che, al di là della loro originalità, nascondono aspetti della SEO che ogni webmaster deve conoscere molto bene.

Di seguito parleremo proprio di Black Hat SEO e ti spiegheremo tutto ciò che devi sapere per non fallire con il tuo sito web e aumentare le chance di estensione della clientela, sia che tu venda un prodotto sia che tu fornisca un servizio al pubblico. Perciò se vuoi saperne di più prosegui nella lettura: in questo articolo esploreremo quali tecniche rientrano nella Black Hat SEO, gli esempi più comuni e come evitare di incorrere in penalizzazioni grazie a una strategia White Hat SEO.

Se hai bisogno di un servizio SEO professionale, ti spiegheremo anche come un’agenzia specializzata può aiutarti a ottimizzare il tuo sito in modo efficace e sicuro. Ecco tutte le informazioni che ti servono!

Black Hat SEO, definizione e significato

Quando si parla di penalizzazione Google, ci si riferisce a una riduzione del posizionamento nei risultati di ricerca causata dalla violazione delle linee guida di Google. Come puoi dedurre facilmente, ciò avrà ripercussioni sul numero delle visite e sulla popolarità del tuo sito. Nel web non sono pochi i casi di siti, anche ben noti, che hanno visto crollare – improvvisamente – i loro numeri, finendo nell’anonimato o quasi. Il motivo, nella generalità dei casi, è proprio l’applicazione di una penalizzazione Google, algoritmica o manuale.

La penalizzazione è il risultato dell’uso di pratiche SEO scorrette, spesso definite come Black Hat SEO. Ma che cosa si intende esattamente con questa espressione? Ebbene, spiegarlo è molto semplice: il riferimento è a un insieme di tecniche SEO non etiche o ingannevoli che mirano a manipolare i risultati di ricerca di Google, a proprio vantaggio ma senza un reale ed effettivo merito.

Non devi dimenticare infatti che Google si serve algoritmi sofisticati per garantire che i risultati di ricerca offrano contenuti di qualità agli utenti. Il motore di ricerca non ammettere “ascensori” privilegiati e pilotati per i siti che mirano ad ottenere grande successo in breve tempo: solo il lavoro continuativo, con la pubblicazione di un buon numero di contenuti di alto livello, premierà il sito web con la scalata delle posizioni nella SERP di Google e – quindi – con la presenza in una “vetrina” di primo piano. Viceversa, quando un sito web utilizza pratiche scorrette per manipolare il ranking, rischia di subire una penalizzazione Google.

Origine dell’espressione Black Hat

Ora che ti abbiamo spiegato il significato dell’espressione, potresti domandarti il perché della scelta di queste parole. Il motivo è presto detto. Il termine Black Hat deriva dal mondo del cinema e della cultura popolare, in particolare dai vecchi film western. In questi film, i cattivi erano spesso rappresentati con un cappello nero (black hat), mentre i buoni indossavano un cappello bianco (white hat). Tale simbologia è stata poi adottata nel mondo dell’informatica e della sicurezza informatica, dove:

  • Black Hat SEO indica appunto tecniche o pratiche scorrette, ingannevoli o illegali;
  • White Hat SEO rappresenta buone pratiche ed esperti che usano le loro competenze, in modo etico e conforme alle regole.

Nel contesto SEO, il termine Black Hat SEO si riferisce quindi a tutte quelle azioni che tentano di manipolare i motori di ricerca in modo non etico o contro le linee guida di Google, proprio come i “cattivi” nei film cercano di ingannare e imbrogliare. White hat SEO invece fa riferimento a tecniche lecite e conformi alle linee guida di Google (ad esempio l’ottimizzazione contenuti, il ricorso a backlink naturali e tutte le azioni che migliorano eticamente l’esperienza utente).

Differenza tra Black Hat SEO e penalizzazione Google

Ti deve essere ben chiaro che non è corretto affermare che Black Hat SEO sia un sottoinsieme della penalizzazione Google. Non devi confondere le due espressioni. Piuttosto, sappi che il rapporto tra i due concetti è il seguente:

  • la penalizzazione Google è una conseguenza che può derivare dall’uso di Black Hat SEO;
  • anche altri motivi, ad esempio, contenuti di bassa qualità, problemi tecnici, aggiornamenti degli algoritmi, possono comunque portare alla stessa penalizzazione Google.

In estrema sintesi, il ricorso alle tecniche Black Hat SEO può causare una penalizzazione, ma non tutte le penalizzazioni derivano dal Black Hat SEO. Comprenderai che quello della SEO è un terreno con regole ben precise e da rispettare in pieno: se hai dubbi e se pensi di rischiare di commettere qualche errore, agendo da solo, affidati a noi! I nostri consulenti SEO e specialisti SEO sono a tua disposizione per l’audit SEO e per offrirti ogni chiarimento e far rendere al meglio il tuo sito web, per la vendita dei tuoi prodotti o l’offerta dei tuoi servizi.

Tecniche Black Hat SEO, meccanismo e rischi concreti

Ora che ti abbiamo spiegato perché il ricorso alle azioni Black Hat SEO è pericoloso per il futuro del tuo sito web, vediamo insieme quali sono le più note e utilizzate tecniche Black Hat. Google non si fa ingannare facilmente e utilizzare una o più di queste ti mette in una situazione di grave rischio di penalizzazione. Quest’ultima, in particolare, potrebbe durare molto tempo se non ti allinerai i contenuti del tuo sito alle buone pratiche Google. E anche quando ti sarai allineato, ci vorranno comunque settimane o mesi prima che il motore di ricerca recepisca le tue buone azioni. Un motivo in più – quindi – per operare diligentemente e senza affidarti ciecamente alle tecniche Black Hat SEO.

Ecco le tecniche da evitare.

Keyword stuffing

Consiste nel ripetere una parola chiave in modo eccessivo per forzare il ranking. Il keyword stuffing consiste infatti nell’inserire ripetutamente una keyword all’interno di una pagina web, nell’intento di migliorarne il posizionamento nei motori di ricerca. Tale pratica è nel bersaglio di Google perché non tiene conto della qualità e della leggibilità del contenuto per gli utenti, ma è finalizzata esclusivamente a ingannare gli algoritmi di Google e a monetizzare in modo scorretto.

Pertanto Google considera il keyword stuffing una violazione delle sue linee guida sulla qualità e può penalizzare i siti web che lo utilizzano, abbassandone il ranking o – addirittura – rimuovendoli dall’indice di ricerca.

Contenuti nascosti

Ci si riferisce a quei testi e link nascosti agli utenti, ma visibili ai motori di ricerca. Anche il ricorso a contenuti nascosti è una tecnica di Black Hat SEO, perché mira a ingannare i motori di ricerca, mostrando loro – appunto – contenuti diversi rispetto a quelli visibili a chi visita le pagine del sito web. Questa pratica viola le linee guida di Google e può portare a penalizzazioni o alla rimozione del sito dai risultati di ricerca.

Non dimenticare infatti che Google premia i siti web che forniscono contenuti di qualità e accessibili agli utenti. Nascondere contenuti significa tentare di manipolare il ranking, inserendo parole chiave o testi che i visitatori non vedono ma che i motori di ricerca indicizzano.

Comprenderai quindi facilmente che questa tecnica è considerata ingannevole perché altera artificialmente il posizionamento di una pagina nei risultati di ricerca, senza dare un reale valore all’utente e barando rispetto alle buone pratiche SEO e all’ottimizzazione SEO.

Cloaking

Si tratta della tecnica di Black Hat SEO con cui agli spider dei motori di ricerca viene mostrata una versione del contenuto ottimizzata e una diversa (spesso meno rilevante) agli utenti reali. La tecnica è scorretta e non trasparente perché manipola in modo artificiale il posizionamento nei motori di ricerca, fa credere agli utenti di trovare un certo contenuto – che invece non apparirà – e, soprattutto, viola le linee guida di Google con penalizzazioni manuali o algoritmiche.

Esempi classici sono il mostrare una pagina ricca di parole chiave a Googlebot e una diversa agli utenti reali, oppure il creare una pagina ottimizzata per il ranking che poi reindirizza l’utente su un sito commerciale o di affiliazione.

Link Farming e Black Hat SEO Links

Con queste tecniche Black Hat SEO si fa riferimento, in sostanza, alla creazione di una rete artificiale di backlink per manipolare il PageRank. Non dimenticare infatti che Google utilizza i link come uno dei principali fattori di ranking, ma deve trattarsi di link naturali e di qualità. Ricorrere al cosiddetto link farming e alla costruzione di Black Hat SEO Links violerà le linee guida di Google, con il rischio concreto di penalizzazioni gravi.

Per questa via il webmaster cercherà di ingannare gli algoritmi di Google, creando backlink artificiali e non naturali, invece di ottenere link autentici grazie alla qualità dei contenuti. Ma attenzione perché, nel corso degli anni, Google ha sviluppato aggiornamenti algoritmici come Penguin per identificare e penalizzare siti che utilizzano schemi di link innaturali. Perciò oggi è praticamente impossibile sfuggire alle tenaglie del sanzionamento, se si cerca di ricorrere a simili artifici per ottenere buoni risultati in breve tempo.

Uso di software automatici Black Hat SEO

Ci riferiamo a quei software mirati o strumenti automatizzati per la creazione di backlink o di contenuti duplicati. Anche questa è una tecnica Black Hat SEO, in quanto viola le linee guida di Google e cerca di manipolare artificialmente il ranking nei risultati di ricerca. Ben comprenderai che il motore di ricerca sarà orientato a penalizzare i siti web che utilizzano software automatici, per generare link o contenuti in modo non etico. Infatti, per questa via, sono solitamente prodotti link di bassa qualità, spam, contenuti duplicati o esempi di keyword stuffing – tutte pratiche che possono portare a sanzionamenti algoritmici o manuali da parte di Google.

Devi inoltre sapere che i software per la creazione automatica di backlink sono in grado di generare migliaia di backlink in poco tempo, spesso da siti spam o directory di bassa qualità. In concreto, tali strumenti automatizzano la pubblicazione di link su forum, blog, profili social e commenti, oppure creano backlink da siti non pertinenti, senza alcun valore reale per gli utenti.

Come scoprire se il tuo sito è stato penalizzato da Google

Proprio per prevenire le penalizzazioni Google, esistono strumenti specifici per analizzare eventuali contromosse del motore di ricerca. Ad esempio Google Search Console è utile a verificare eventuali azioni manuali da parte degli operatori di Google.

In particolare, nella sua sezione “Azioni manuali” potrai vedere se il motore di ricerca ha preso provvedimenti ad hoc contro il tuo sito, come le penalizzazioni per contenuti di bassa qualità, link non naturali o altre violazioni delle linee guida di Google.

Esistono poi quelli che in gergo sono noti come Black Hat SEO Checker, ossia diversi strumenti online che possono aiutare a identificare tecniche SEO non conformi alle linee guida di Google. Tali strumenti verificano se un certo sito web utilizza pratiche come – ad esempio – l’over-optimization, il cloaking, il keyword stuffing o altre tecniche ingannevoli che possono causare penalizzazioni.

Non solo. A questi si possono aggiungere anche altre analisi, come l’uso di Google Analytics per monitorare eventuali cali di traffico, e strumenti SEO molto noti come SEMrush o Ahrefs, che possono fornire segnali di eventuali cambiamenti nelle posizioni SERP e il dato di altre anomalie nel ranking.

Black Hat SEO, come recuperare da una penalizzazione Google

Se hai subito una penalizzazione, non perderti d’animo e cerca di allineare – finalmente – il tuo sito alle indicazioni di Google. Ecco, in sintesi, i passi per recuperare:

  • identifica il problema tramite gli strumenti sopra citati;
  • rimuovi le pratiche Black Hat SEO (es. elimina backlink tossici, correggi contenuti nascosti);
  • invia una richiesta di riconsiderazione a Google;
  • adotta strategie White Hat SEO per un ranking sostenibile ed etico.

Concludendo, ora hai tutti gli elementi utili per orientarti e capire perché evitare gli artifici delle tecniche Black Hat SEO. Se, da questo punto di vista, temi di aver commesso qualche errore in passato – e di averci rimesso in termini di piazzamento nella SERP di Google e di numero di visite – affidati ad un’agenzia SEO professionale come la nostra! Con noi infatti potrai capire meglio come evitare penalizzazioni grazie a strategie SEO etiche, come monitorare il posizionamento con strumenti avanzati e come creare contenuti ottimizzati per Google – senza rischi.

Se vuoi migliorare il tuo ranking senza incorrere in penalizzazioni, contattaci oggi stesso per una consulenza personalizzata!

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